CAPITOLO III - IL SISTEMA DELLE LICENZE NELLA TUTELA DEL SOFTWARE: 2. FUNZIONE E CONTENUTO DELLE LICENZE D’USO

Data la sussistenza dei diritti esclusivi derivante dalla tutela d’autore, in base ai cardini del diritto privato è necessario che l’autore del software stipuli un contratto con l’utente nel quale definisca di quali prerogative si spogli e di quali quindi possa essere investito l’utente, ovviamente per contro di un corrispettivo (stante la patrimonialità di tali diritti). Una prassi di questo tipo, basata cioè su contratti stipulati ad hoc per ogni situazione o soggetto, poteva aver ragion d’essere solo nell’era “primordiale” dell’informatica, quando la figura del programmatore era assimilabile ad un libero professionista chiamato alla progettazione di un sistema informatico specifico per un centro di ricerca. Dal momento dell’ingresso del software nella schiera dei beni di consumo, gli autori iniziarono a stilare dei contratti di portata generale in cui esprimevano i termini della distribuzione e della riproduzione del software su cui essi vantavano i suddetti diritti esclusivi: nacque così il tipo contrattuale della licenza d’uso di software.

La scelta del termine licenza è dovuta probabilmente alla funzione autorizzativa del contratto, anche se – come molti giusprivatisti fanno notare – non sarebbe pienamente appropriata. In realtà la definizione autentica di ‘licenza’ implicherebbe un contratto di concessione da parte di un soggetto (licenziante) ad un altro soggetto (licenziatario) “non solo della facoltà di godere di una certa idea creativa, ma anche di sfruttarla economicamente”. Ma nella maggior parte dei casi l’oggetto del contratto si limita al solo godimento personale del bene software, non estendendosi ai diritti di sfruttamento economico che restano invece in capo all’autore originario. E’ per questo che la dottrina giusprivatistica maggioritaria opterebbe per qualificare il rapporto fra autore e utente del software come una locazione , dato che con il tipo contrattuale che si usa chiamare impropriamente ‘licenza d’uso’ “non si cede alcun diritto di sfruttamento economico sul bene, ma ci si limita a concedere il solo godimento personale del programma.” 80 Per quanto riguarda invece i diritti di proprietà sul software è il caso di distinguere fra proprietà del software in quanto bene materiale (supporto) e proprietà del software in quanto opera dell’ingegno.

La seconda rileva per il diritto d’autore (è detta infatti ‘proprietà intellettuale’) e si fonda sul meccanismo dei diritti esclusivi licenziati; la prima invece rimane nella sfera d’influenza del diritto privato, risolvendosi in un normale contratto di compra-vendita. Così come d’altronde succede quando ci si reca da un rivenditore di materiale informatico per comprare un pacchetto software; anche se spesso perfezionati nello stesso momento, vengono eseguiti due contratti separati e di diversa natura: quello con il rivenditore (che ha per oggetto la proprietà materiale del supporto su cui il software è venduto) e quello con la compagnia produttrice del software (che ha per oggetto i diritti di proprietà intellettuale dell’opera software). La piena proprietà del supporto e degli “accessori” del bene è indiscussa; a creare maggiori perplessità e a diventare oggetto centrale di questa nostra analisi giuridica, è invece la portata dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dai diritti esclusivi di sfruttamento economico in capo all’autore dell’opera.



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