CAPITOLO IV DALL’AMBITO SOFTWARE A QUELLO NON SOFTWARE: 4.1. LE BANCHE DATI ELETTRONICHE

Le banche dati hanno causato minori problemi interpretativi sia grazie ad una loro ontologia piuttosto chiara e ben delimitata, sia grazie ad un intervento legislativo dedicato specificamente alla loro disciplina di diritto d’autore. Il fenomeno della banca dati nel senso generico di ‘raccolta di informazioni’ possiede una storia decisamente radicata se pensiamo a tutte le opere che raccolgono altre opere: come primo fra tutti sostiene Ubertazzi, già il museo, inteso come opera indipendente dalle singole opere che contiene, si avvicina moltissimo all’idea moderna di banca dati. La stessa contiguità concettuale è correttamente individuabile nella generalità delle opere di compilazione, quali le antologie di poesie, racconti, immagini e quali le opere enciclopediche e le rassegne di massime giurisprudenziali (o addirittura quali gli elenchi di indirizzi e numeri telefonici disposti per settori commerciali come per esempio le Pagine Gialle) . La peculiarità di questa categoria di opere sta nel fatto che il requisito della creatività (tradizionalmente ‘condicio sine qua non’ per la tutelabilità con diritto d’autore ) sia da ricercarsi non nelle caratteristiche espressive delle singoli opere raccolte (le quali restano indipendentemente sottoposte alla loro specifica tutela) quanto piuttosto nella peculiarità dei criteri con cui l’autore-compilatore ha operato la raccolta e ne ha disposto il risultato. Conferma di questo principio si riscontra nella maggioranza delle definizioni giuridiche attribuite al fenomeno, fra cui possiamo riportare quella di Paolo Auteri: “Banca dati è una raccolta di informazioni o elementi, costituenti o meno opere dell’ingegno, scelti e/o disposti secondo determinati metodi o sistemi in modo da consentire all’utilizzatore di accedere alle singole informazioni e al loro insieme.” Quanto percepito in via dottrinale viene poi ulteriormente corroborato dal legislatore che nel 1999 ha innestato sul piano normativo del diritto d’autore italiano un nuovo numero (n. 9) all’art. 2 l.a., il quale dopo una prima definizione del fenomeno (piuttosto aderente a quella di Auteri appena citata), aggiunge: “La tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati i diritti esistenti su tale contenuto.” L’aspetto però più problematico e che qui maggiormente ci interessa di questa categoria di opere riguarda una sua sottocategoria che appunto risente di tutte le difficoltà di inquadramento giuridico esposte nei paragrafi precedenti: le banche dati elettroniche, ossia le opere compilative realizzate con l’elaboratore ed usufruibili per mezzo di metodi informatici.

Il Prof. Ubertazzi effettua opportunamente su questa sottocategoria un’ulteriore dicotomia fra banche dati elettroniche statiche e banche dati elettroniche dinamiche: come vedremo le peculiarità della staticità e della dinamicità comportano rilevanti differenze nelle prospettive di tutela giuridica e riflessi per le cosiddette opere multimediali tout court. Si consideri come esempio di opera compilativa elettronica statica una raccolta di testi legislativi (oppure di fotografie, oppure di definizioni enciclopediche) edita su CD-ROM: con questo supporto si mantengono tutte le caratteristiche di malleabilità e liquidità dei dati, ma l’integrità ontologica dell’opera è garantita. Si consideri invece come esempio di opera compilativa elettronica dinamica un repertorio di massime giurisprudenziali pubblicato su Internet e aggiornato costantemente: quale sarà il nucleo dell’opera da cui esigere il requisito della creatività? Come tutelare ogni singola modifica? Il requisito della creatività è soddisfatto dalla messa in rete di un primo “stock di dati” i quali sono già disposti in un determinato criterio scelto dall’autore-compilatore e costituiscono già un’opera sufficientemente definita; invece, “ogni memorizzazione successiva di dati condurrà ad una modificazione (non creativa) dell’opera iniziale.” Un ultimo rilievo molto importante a livello di classificazione giuridica (che ci tornerà utile nell’analisi del prossimo capitolo) riguarda l’inserimento delle banche dati nel tipo delle opere collettive ai sensi dell’art. 3 l.a.: queste opere per la legge sono infatti “costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i dizionari, le antologie, le riviste e i giornali.”



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