CAPITOLO VI - IMPLICAZIONI GIURIDICHE E PROSPETTIVE DEL FENOMENO COPYLEFT: 6.3. IL RITORNO AD UN DIRITTO D’AUTORE “PURO”

Si introduce così un altro aspetto centrale dell’impulso innovativo derivante dall’avvento del copyleft, cioè l’esigenza di rifocalizzare l’attenzione del diritto d’autore sulla tutela della opera e della creatività del suo autore, contro una sempre più marcata tendenza alla tutela delle altre attività di tipo imprenditoriale concernenti la diffusione dell’opera. Per comprendere al meglio la questione bisogna ricollegarsi a quanto abbiamo detto poco fa a proposito delle diverse impostazioni del copyright secondo common law e del diritto d’autore secondo civil law e soprattutto a proposito della diversa sensibilità nei confronti degli aspetti patrimoniali e morali del sistema di tutela.

Ci soccorre nella riflessione un passo di Paolo Spada che cristallizza al meglio la situazione di disparità: “L’enfasi che gli ordinamenti continentali danno alla personalità creatrice dell’autore fa sì che il diritto d’autore si presenti come modalità di tutela di interessi tipicamente antindustriali: dell’interesse dello scrittore contro l’editore, dell’interesse dell’autore di lavori drammatici contro l’impresario teatrale. Diverso è l’approccio del diritto anglosassone […]. Piuttosto che alle ragioni degli autori l’esperienza giuridica anglosassone sviluppa una forte sensibilità alle ragioni degli editori e, poi, degli altri intermediari imprenditoriali nella fruizione estetica dell’opera.” Questo panorama d’altronde, con l’ingigantirsi del business legato all’editoria e alla comunicazione multimediale e con il conseguente aumento degli interessi economici in gioco, ha subito le già citate distorsioni sulla funzione del copyright, trasformando quest’ultimo in certi casi in una “arma impropria” nelle mani dell’imprenditoria per controllare capillarmente tutto il mercato della comunicazione.

Oltre tutto, tale distorsione si è man mano ripercossa sui sistemi continentali che, benché si reggano su una diversa concezione del diritto d’autore, rientrano in un unico grande mercato occidentale in cui gli interessi economici sono troppo rilevanti (e tali da creare delle vere e proprie lobby di potere). Non è un caso che gran parte delle scelte di politica legislativa dei paesi europei si sia sempre di più ispirata ai modelli proposti dalla legislazione statunitense: si consideri l’esempio più emblematico del parallelismo esistente fra il DMCA (U.S.A., 1998) e la EUCD (Comunità Europea, 2001). Ricordiamoci, infatti, che gli U.S.A. sono il fulcro di tutta l’industria cinematografica, informatica e discografica mondiale: quindi gli interessi della Disney, della Microsoft o della Sony Records non possono fare a meno di essere anche quelli della cinematografia, dell’informatica e della produzione musicale europee. E’ sulla base di questa realtà evidente che si è spesso parlato di un diritto d’autore trasformato in un diritto degli investitori e di conseguenza di un diritto nato principalmente per la tutela delle opere trasformato in un diritto mirato principalmente alla tutela degli investimenti ad esse connessi.

Così si esprime inequivocabilmente Federica Gioia in un saggio del 2002 in cui, riferendosi proprio ai cambiamenti nel lato soggettivo derivanti dal nuovo contesto delle comunicazioni, dice: “Non stupisce allora che al legislatore europeo sia stato rimproverato di aver trascurato gli interessi degli autori e di averli sacrificati alle esigenze e alle pressioni dei titolari dei diritti connessi. Nemmeno stupisce la segnalazione dell’avvento di un ‘diritto imprenditoriale d’autore’ del quale la direttiva 2001/29 [cioè la EUCD] costituirebbe il primo atto.” Di fronte a questo panorama delicato e - per così dire - patologico, ecco che il copyleft, nel senso di fenomeno sia giuridico che culturale, si presenta come una ‘salutare valvola di sfogo’ che permette agli autori di recuperare le loro naturali prerogative e di riportare ad una posizione più equilibrata l’ago della bilancia della gestione dei diritti. E questo è possibile e legittimo in nome dei principi di diritto d’autore e in generale del diritto privato che garantiscono al titolare dei diritti la totale libertà e autonomia nelle scelte su come gestire l’aspetto patrimoniale della sua opera. Normative che irrigidiscono il mercato delle creazioni intellettuali costringendo gli autori a percorrere determinate vie per diffondere le proprie opere sono da ritenere lesive di tali principi cardine. Il copyleft, a dispetto di normative che tendono sempre più al controllo dei formati e delle copie delle opere, vuole riaffermare queste libertà che sono nate e devono rimanere nella libera disponibilità dell’autore: “l’autore acquista a titolo originario […] i diritti esclusivi di utilizzazione […].

Tali diritti gli consentono di controllare l’utilizzazione dell’opera, decidendo se e in che modo utilizzarla o farla utilizzare, e quindi di trarre profitto dalla stessa e di soddisfare gli altri interessi patrimoniali, personali o ideali, connessi con la divulgazione dell’opera.” Grazie a questo fenomeno spontaneo si può dunque parlare di un ritorno ad un vero diritto d’autore che si occupa della tutela delle opere e dei diritti degli autori, piuttosto che di un diritto d’autore che si preoccupa della tutela del mercato della creatività: cioè di un ritorno a quello che potremmo chiamare un diritto d’autore “puro”. Le argomentazioni qui presentate vengono efficacemente cristallizzate nel preambolo della licenza Art Libre, che – come abbiamo già rilevato – essendo di origine francese denota una maggiore sensibilità ad alcuni aspetti peculiari del diritto d’autore classico di matrice continentale. Vi si legge appunto: “Questa licenza non ignora affatto i diritti d’autore, anzi li riconosce e li protegge. Essa ne riformula lo spirito consentendo al pubblico di fare un uso creativo delle opere d’arte. […] L’intenzione è di rendere l’opera accessibile e permettere l’utilizzo dei suoi contenuti da parte di più persone possibili […] nel rispetto degli autori con il riconoscimento e la difesa del loro diritto morale . […] La ragione essenziale di questa licenza Art Libre è promuovere e tutelare l’esercizio dell’arte libero dalle regole imposte dall’economia di mercato.”




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