CAPITOLO VI - IMPLICAZIONI GIURIDICHE E PROSPETTIVE DEL FENOMENO COPYLEFT: 2. COPYLEFT E DIRITTO INTERNAZIONALE

Un altro fondamentale aspetto strettamente connesso con quanto appena detto e su cui è opportuna una seria riflessione riguarda la validità delle licenze copyleft in ambito internazionale ; una simile ottica ampliata è resa infatti necessaria dalla compagine globale e interconnessa delle comunicazioni attuali .

Data per acquisita la loro natura di contratto, il testo normativo di maggior pregnanza è la ‘Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali’ sancita a Roma nel 1980; in seconda battuta ci si riferirà alla Convenzione sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale sancita a Bruxelles nel 1969.

Innanzitutto questo tipo di approccio ci guida nella determinazione della legge applicabile alle licenze copyleft, quando i soggetti destinatari delle opere appartengano ad un ordinamento diverso da quello dell’autore-licenziante; di conseguenza sarà possibile alla luce di tale legge chiarire gli aspetti di validità delle clausole del particolare tipo contrattuale e ottenere una normativa di riferimento anche in campo processuale. Iniziamo dal principio (fondamentale per il diritto internazionale privato) della libertà di scelta della legge applicabile da parte dei contraenti ex art. 3 della Convenzione di Roma: “Il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti.

La scelta dev’essere espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalla disposizioni del contratto o dalle circostanze.” Passando in rassegna i contenuti giuridici delle licenze copyleft in generale è difficile trovare riferimenti espliciti ed inequivocabili alla legge applicabile in caso di controversia legale; ovviamente questo silenzio è voluto dai redattori delle licenze probabilmente nell’intento di non precludere a priori vie di applicazione di tali documenti giuridici. Le licenze Creative Commons contengono nel loro preambolo una dicitura piuttosto generica che vuole fare riferimento ai principi internazionali in fatto di copyright e diritto d’autore: “l’opera è protetta dal copyright e/o da altra normativa applicabile”.

Unico caso di licenza con esplicito riferimento è la Art Libre License che alla sezione 8 (dedicata alla ‘Legge applicabile al contratto’) sottopone la disciplina della stessa alla legge francese; si può citare inoltre il testo della dichiarazione che Creative Commons prevede per il rilascio di un’opera in public domain, che specifica di essere basato sulla legge statunitense: come abbiamo già precisato, tuttavia, essa non consiste in una vera licenza-contratto, ma semplicemente in una dichiarazione unilaterale. Spetta dunque all’interprete, in mancanza di scelta, dedurre il quadro normativo di riferimento. All’uopo soccorre l’art. 4 della Convenzione di Roma il quale appunto prevede che “nella misura in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta a norma dell’art. 3, il contratto è regolato dalla legge del paese col quale presenta il c o l l e g a m e n t o p i ù s t r e t t o .” Bisogna dunque nel nostro caso considerare quali aspetti fattuali e giuridici del fenomeno determinino tale collegamento. Il secondo comma dell’art. 4 indica alcune fattispecie tipiche in cui si presume la maggior aderenza del collegamento; questa lista, presentata dal legislatore internazionale a titolo esemplificativo (e non tassativo) è arricchita dall’intervento della dottrina e riguarda casi di fornitura di beni o servizi che quindi non si adattano al caso della concessione d’uso di un’opera dell’ingegno. Si ripropone, anche se in proporzioni diverse, l’identica difficoltà di delimitazione del problema che abbiamo incontrato in ambito di diritto privato; bisogna ancora una volta, dunque, guardare alla disciplina dei contratti conclusi dai consumatori, per ottenere maggiori punti di contatto. Tale disciplina è prevista a livello internazionale dall’art. 5 della Convenzione di Roma (e dall’art. 13 della Convenzione di Bruxelles per quanto riguarda gli aspetti processuali ed esecutivi): secondo l’art. 5.3 tali contratti, in mancanza discelta delle parti e in deroga all’art. 4, “sono sottoposti alla legge del paese nel quale il consumatore ha la sua residenza abituale”. Anche in questo articolo si ritrova lo spirito di tutela del consumatore in quanto parte svantaggiata, già incontrato negli artt. 1469 bis e seguenti del Codice Civile italiano, come dimostra la ratio dell’art. 5.2: “In deroga all’art. 3, la scelta ad opera della parti della legge applicabile non può aver per risultato di privare il consumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge del paese nel quale risiede abitualmente” in certi casi ben delineati nella parte successiva del comma.

Anche questi casi si riferiscono però ad attività tipicamente commerciali di scambio di beni e di servizi che non possono essere equiparabili al fenomeno del copyleft. Tuttavia, in un’ottica internazionalistica, tale spirito di tutela del consumatore-utente dell’opera copyleft (pur con le cautele concettuali che abbiamo chiarito poco fa a proposito di tale equiparazione ), può essere invocato per tutelare la buona fede di colui che riceve o ottiene l’opera prima ancora di averne conosciuto il regime di licenza. Quindi, ad esempio, se nel paese dell’autore-licenziante una licenza copyleft con una clausola di accettazione automatica nello spirito shrink-wrap (come le licenze Creative Commons) può essere considerata valida a tutti gli effetti, in un paese (come l’Italia) in cui tali clausole sono considerate invalide, la buona fede dell’utente-licenziatario sarebbe tutelata fino ad una sua accettazione espressa dei termini della licenza.



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